Perché visitare il Pantheon
Pensare che un monumento possa superare quasi indenne 2000 anni di storia e presentarsi davanti i nostri occhi in uno stato di conservazione quasi perfetto è senza ombra di dubbio qualcosa di sbalorditivo. Detiene per questo un record assoluto cioè quello di essere il monumento romano meglio conservato al mondo. Ma quale è il segreto che ha permesso al Pantheon di conservarsi in questo stato? Nel 609 l’imperatore bizantino Foca dona alla chiesa di Roma l’edificio che da quel momento da tempio viene convertito nella chiesa di Santa Maria ad Martyres garantendo così all’antico monumento 1400 anni di costante cura e manutenzione.
Ma ora passiamo a conoscere da vicino questo straordinario monumento per carpirne le storie ed i segreti.
Non ha certamente quella presenza “invadente” di altri monumenti, come il Colosseo che domina la via dei Fori Imperiali, ma il suo fascino discreto lo rende certamente qualcosa di unico ed emozionante. Perché? Provate a raggiungere il Pantheon con lentezza e calma, osservando i vicoli del Campo Marzio con attenzione e gustandovi ogni singolo particolare: vivrete con rilassatezza il progressivo apparire della grande mole. Cominciate da quel piccolo scorcio che riuscite a distinguere dalla Salita de’ Crescenzi , proseguite ammirando le enormi colonne monolitiche per raggiungere in fine la visione frontale dell’edificio. Sarà una scoperta progressiva che vi porterà a conoscere e vivere in un crescendo coinvolgente la monumentalità dell’edificio. Ed è solo una parte infinitesimale dell’emozione che i Romani avrebbero provato nell’osservare la maestà del Pantheon. Osservate ora la facciata con attenzione: essa nasconde il primo inganno.
Il Pantheon che vedete oggi ha un aspetto perlopiù dovuto all’intervento dell’imperatore Adriano ma l’iscrizione sulla fronte cita Agrippa, il generale dell’imperatore Augusto. Come mai? Fu Agrippa a realizzare l’edificio nella sua prima veste e Adriano nel corso del rifacimento da lui operato volle mantenere l’iscrizione. Forse con l’intento di creare ancora un maggior effetto sorpresa. Dovete sapere che Adriano era un grande sperimentatore , che amava soluzioni insolite ed innovative, molte delle quali furono scoperte preziose che dopo di lui gli architetti di altri imperatori ereditarono. Nella sua natura un po’ eccentrica, in ambito architettonico amava però stupire ed il pantheon fu proprio in questo senso una delle sue realizzazioni più riuscite.
Se guardate con attenzione il colonnato che si presenta a voi imponente vedrete che ha un forma rettangolare. Questa sorta di “avancorpo” conservava la pianta rettangolare del Pantheon di Agrippa cominciando a creare nello spettatore l’idea che l’edificio di Adriano si mantenesse , esclusi alcuni cambiamenti nell’orientamento, fedele al progetto di Agrippa. Questa prima idea che nasceva nella mente, creava nei romani l’illusione di trovare qualcosa di già visto; aggiungete poi che la rotonda dell’edificio era ben nascosta da altri elementi architettonici e strutture ed entrando nel Pantheon avrete la stessa grande impressionante sorpresa di un Romano che facendo il suo ingresso in un edificio apparentemente tradizionale ed si trovava invece immerso nel trionfo di marmi e materiali della più grande cupola di Roma.
Essi comprendevano i prestigiosi e costosi marmi di rivestimento, il bronzo dell’iscrizione e del portale ed un’accurata selezione di inerti da costruzione. Proprio questa premessa ci conduce a due altri curiosi interrogativi: quale era il segreto nella selezione degli inerti che portò Adriano alla realizzazione della più grande cupola dell’antichità ? E dove è finito il bronzo in questione. Rispondere al primo quesito è in realtà molto semplice. Fu sufficiente per gli ingegneri dell’imperatore scegliere materiali sempre più leggeri. Rimarreste veramente stupiti se poteste tenere nella mano “un pezzo” della sommità della cupola: ci sono grossi frammenti di pomice, di una leggerezza sconcertante ! Quanto al secondo interrogativo basta dire che proprio qui fra noi romani di oggi è nascosta la risposta. Avete mai sentito il motto “Quello che non fecero i barbari fecero i Barberini”? Nel Pantheon come in pochi altri monumenti di Roma affondano le radici di questo pensiero e le cicatrici sono profonde e dolorose…Infatti, Papa Urbano VIII, al secolo Maffeo Barberini privò l’edificio dei suoi rivestimenti in bronzo per riutilizzarli in S.Pietro ed a Castel Sant’Angelo. E per di più con le lastre di bronzo molti altri arredi preziosi iniziarono un viaggio senza ritorno….
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